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Professione e deontologia

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Diffamazione a mezzo stampa: prospettive di riforma legislativa

Pende la spada di Damocle della reclusione, nonché della querela con la richiesta di risarcimenti esorbitanti, che possono influire sia sulla qualità dell’informazione che sulla libertà di stampa…

Intervento di Gino Falleri, vicepresidente dell’ordine dei giornalisti del Lazio e presidente del gruppo Giornalisti Uffici Stampa, in occasione del convegno “La diffamazione a mezzo stampa: prospettive di riforma legislativa” svoltosi nella Sala della Protomoteca, in Campidoglio, il 6 settembre 2017, patrocinato dall’Assemblea Capitolina, organizzato in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Roma e l’Ordine Giornalisti del Lazio.

di Gino Falleri

Ringrazio l’avvocato Marcello De Vito, presidente del Consiglio Comunale della Capitale per l’ospitalità, l’avvocato Mauro Vaglio e il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma per aver avuto l’amabilità di invitarmi ad essere presente, ed indirettamente l’Ordine dei Giornalisti del Lazio, ad un convegno che tratta “un argomento oltremodo sensibile” per i giornalisti e di poter offrire una testimonianza su Deontologia e professione giornalistica. Un convegno che ha il pregio di avvalersi della qualificazione professionale, della dottrina e dell’esperienza di autorevoli ed illustri relatori.

L’Ordine dei giornalisti è molto interessato al tema del convegno, come peraltro il Gruppo Giornalisti Uffici Stampa, il GUS. Pertanto mi sia consentito di esprimere una breve considerazione sul reato della diffamazione a mezzo stampa: per chi esercita la professione costituisce l’incidente sul lavoro foriero di non pochi danni.

Pende la spada di Damocle della reclusione, nonché della querela con la richiesta di risarcimenti esorbitanti, che possono influire sia sulla qualità dell’informazione che sulla libertà di stampa. Termine quest’ultimo coniato nel 1735 dall’avvocato Andrew Hamilton nel difendere John Peter Zenger, direttore del The New York Weekly Journal, dalle accuse formulate a suo carico dal governatore di New York, William Colby, guarda caso proprio per il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Chi scrive articoli dovrebbe rammentare che esistono delle regole fissate dall’articolo 2 della legge 69/63, tra cui il rispetto della verità sostanziale dei fatti, ed il Testo unico delle carte dei doveri. Nello stesso tempo, è bene non dimenticarlo, chi si sente leso da uno scritto, la responsabilità penale è soggettiva, spesso non ritiene sufficiente una semplice rettifica. Il danno deve essere monetizzato.

Il tema da illustrare ed approfondire in questa sede, come accennato, è deontologia e professione giornalistica. Sarebbe opportuno invertire l’ordine degli argomenti da trattare poiché, come attestano i matematici, il risultato sarà sempre lo stesso. I motivi per invertire ci sono. Si può anticipare che la professione, ovvero il giornalismo, muta con una velocità impressionante. Per la diffusione delle tecnologie digitali il singolo non è più uno spettatore inattivo. Diventa un potenziale produttore di contenuti. In questa specie di riforma copernicana, come ha riferito Sergio Splendore nel suo recente saggio, si aggiunge il giornalista ibrido. Si affianca al citizen journalist, al blogger e al drone journalism.

Tutto questo non dovrebbe incidere negativamente sulla circostanza che nel nostro Paese l’informazione è considerata un servizio di preminente interesse collettivo, ma deve fare i conti con la crisi in atto, che vede prestigiose ed antiche testate chiudere i battenti, riorganizzazioni aziendali e trasferimenti in altre sedi. Pertanto qualche perplessità esiste, come i problemi che sta creando. In parole povere tutti sul mercato e più avanza la tecnologia se ne aggiungeranno degli altri.

La scienza ha anche creato i robot, non dimenticando il film Io e Caterina interpretato da Alberto Sordi. Sull’argomento è uscito di recente su La Stampa un pezzo di Maurizio Molinari, che riporta l’opinione di Robert Shiller, Nobel per l’Economia 2013. Il premio Nobel vede nel debutto dei robot casalinghi il processo di “sostituzione del lavoro comune”

Può avvenire anche per il giornalismo?

Il preambolo spinge verso un altro aspetto del giornalismo o meglio del maggiore e più conosciuto veicolo: riguarda il giornale cartaceo, la preghiera mattutina dell’uomo moderno secondo Hegel. Se sopravviverà nella forma in cui lo conosciamo, tabloid o lenzuolo, e negli abituali contenuti o lascerà il posto a quello on line, al digitale. Inoltre se la previsione, a suo tempo formulata da Philip Mayer, docente alla Università della North Caroline, si avvererà, l’ultima copia del giornale cartaceo dovrebbe essere posta in vendita nell’aprile 2043.

Il sistema italiano dell’informazione fa parte del modello Mediterraneo: pluralista polarizzato, come hanno ritenuto di inquadrarlo Paolo Mancini e Daniel Hallin nei Modelli di giornalismo: mass media e politica nelle democrazie occidentali. E’ orientato al commento, ha beneficiato e beneficia dei sussidi economici erogati dallo Stato. Manca la presenza di un editore puro mentre esiste una miriade di piccoli giornali a garanzia della pluralità delle voci. In buona parte omologate acriticamente sui temi d’importanza nazionale e lo stesso risulta per la grande stampa d’informazione ed opinione.

Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani nel 1974 hanno dato alle stampe Razza Padrona. In un capitolo del libro hanno riferito che gran parte delle aziende editrici di giornali quotidiani erano ferme a “trent’anni prima”: Scarsa diffusione. Modesto il prestigio salvo pochissime eccezioni e altrettanto modesta l’indipendenza. Sergio Staino, ex direttore de L’Unità, ha ritenuto opportuno richiamare l’attenzione sull’indipendenza dei giornali: se vogliamo fare un minimo di analisi, cominciamo a dare alle parole il loro significato corretto. Tutti i giornali, e da sempre, sono giornali di partito, tutti si spacciano da indipendenti, in pratica quasi nessuno lo è.

Il New York Times, dopo lo scandalo del Watergate Hotel conclusosi con le dimissioni di Richard Nixon da presidente degli Stati Uniti, ha rimarcato, per chi lo avesse dimenticato, che il giornalismo è una professione al servizio degli amministrati e non degli amministratori.

La situazione odierna in cui si dibatte l’industria della notizia, come l’ha definita Giuliana Del Bufalo già segretaria della Fnsi, vede ogni giorno diminuire il numero delle copie vendute e una costante riduzione delle inserzioni pubblicitarie, nasce da lontano. Come la crisi economica. E’ al di là dell’Atlantico che l’editoria è entrata in crisi. Morte di testate di lunga storia, riduzione un po’ ovunque dei posti di lavoro redazionali, perdita di valore per le azioni di potenti gruppi editoriali.

Fra le testate allora in difficoltà ci sono nomi famosi: non solo The New York Times ma anche The Washington Post, oppure i britannici The Financial Times e The Daily Telegraph, per non dire dei francesi Le Monde, che ha ripreso quota grazie alle intuizioni di Matthieu Pigasse, e Liberation.

 Il Consiglio nazionale dell’Ordine, non esente da censure per le sue interpretazioni, nel 1974 ha messo in circolazione un suo libro dal titolo L’Ordine dei giornalisti, dove si asseriva che i giornalisti costituivano “una categoria fortemente politicizzata”.

Sulla loro indipendenza qualche dubbio esiste. Di certo sono in disuso le tre I, indipendente, irriverente e indisponente. Sempre Paolo Mancini, docente universitario e coautore del libro citato, in una relazione tenuta all’inizio degli anni Novanta, ha sottolineato che in Italia non si è mai affermato quel modello di giornalismo liberal-borghese che si colloca in posizione autonoma tra cittadini e potere.

All’inizio è stato accennato che esistevano motivi per una inversione. Qualcosa è stato già riferito e riguarda pure la deontologia. La professione di giornalista soffre di elefantiasi e di un sovrabbondante bagaglio deontologico. Troppi addetti rispetto all’offerta: secondo i dati del Consiglio nazionale sarebbero circa 110mila mentre i posti offerti dal mercato circa 50 mila. L’Agcom nel suo rapporto sullo stato di salute del giornalismo, ha riferito che è caratterizzato da un marcato invecchiamento, da barriere all’ingresso per i più giovani e da un gender gap. sia negli aspetti remunerativi, sia nel transito verticale da posizioni inferiori.

Può essere più rispondente alle necessità una Associazione professionale riconosciuta secondo il modello europeo o un Ordine? E’ solo un interrogativo.

Uno dei motivi per l’inversione si riferisce al Trattato di Lisbona e riguarda il pluralismo dell’informazione. Costituisce uno dei principi fondanti dell’Unione europea mentre il secondo riguarda la deontologia, soprattutto per certi titoli che appaiono nelle prime pagine ed il primo comma dell’articolo 21 della Costituzione.

Le sue carte dei doveri, forse troppe per il giornalista e quasi ingiustificate per i nostri partner europei, che ne hanno una sola. E’ meno anziana rispetto all’etica, che, come tutti sanno, è lo studio sulla condotta dell’uomo. Tuttavia etica e deontologia non sono altro che le stelle polari di chi esercita la professione di giornalista.

Un terzo si riferisce agli addetti. L’Italia, oltre ad essere il paese degli ordini professionali, è il paese dei giornalisti: uno ogni 526 abitanti, da Guinness dei primati. E questo, ripeto, grazie alle improprie interpretazioni del Consiglio nazionale, senza alcun avallo di chi esercita l’alta vigilanza, e della sua giurisprudenza, che privilegia la prestazione. Innovano ed innovando lievita il numero degli iscritti all’albo, che vanno ad incrementare l’area dei precari creando, così, ulteriori problemi al Sindacato unitario.

Non è ricca di cespiti. Gli articoli dei collaboratori, al di là di alcune isole felici, vengono compensati con pochi euro, talvolta calcolati in centesimi a riga. Non da oggi. Fin dal 2006 la Fnsi si era soffermata sui compensi, pubblicando il Libro bianco sul lavoro nero. L’equo compenso, ha come punto di riferimento la Carta di Firenze, è una specie di chimera. Aumenta il lavoro autonomo sottopagato, tanto da diventare una grande sacca di precariato. Il reddito medio dei giornalisti dipendenti è superiore di 5,4 volte quello della libera professione.

Pochi soldi ma molti rischi. Sono i numeri ad attestarlo. E’ sufficiente collegarsi con Giornalistitalia, il quotidiano online diretto da Carlo Parisi, per avere il quadro della situazione. I rischi sono come i grani di un rosario. Le zone più pericolose il Messico, gli assassini sono all’ordine del giorno, l’Egitto, che deve ancora spiegare il caso Regeni, il Sudan e la Turchia. La vita dei cronisti e dei freelance non vale molto. Nella Corea del Nord si condanna a morte per aver insultato la dignità del Paese. In Egitto è stato oscurato il sito di Reporter sans frontières, in Turchia undici giornalisti sono in carcere con l’accusa di essere dei golpisti. Sono solo alcuni esempi. Si possono infine ricordare Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutoli, Veronica Guerin e Anna Politkovskaja, assassinate sul fronte della notizia.

Per via dei rischi che incombono sulla professione è stata inserita, per la prima volta, la sicurezza personale dei giornalisti nell’agenda dei lavori del 29° congresso dell’International Federation of Journalists, svoltosi nel passato giugno in una cittadina della Valle della Loira.

L’Osservatorio di Ossigeno per l’informazione riferisce che nei primi 212 giorni di quest’anno 200 giornalisti sono stati oggetto di avvertimenti, aggressioni, danneggiamenti e chiamate in giudizio. Nello stesso tempo spingono a formulare una domanda, che richiederebbe una risposta. Etica e deontologia sono sempre rispettate da coloro che informano tramite gli attuali mezzi di divulgazione? Senza alcuna intenzione di impartire una lezione è sufficiente, in questa sede, ricordare che l’etica è da attribuire ad Aristotele e a lasciare ai posteri alcuni testi. Uno di questi è l’Etica Nicomachea, la cui autenticità è stata messa in dubbio nell’antichità dal grande Arpinate.

Il resto, le norme di comportamento, l’hanno incominciato ad edificare chi aveva il compito di redigere gli Avvisi, i Corantos, le Gazzette, alle volte in livrea per motivi di cassetta e per non perdere la concessione, e i quotidiani. Il primo quotidiano che ha messo in pratica le regole deontologiche fissate nel 1690 da Benjamin Harris – controllo delle notizie, riparare gli errori e rettificare – è stato il primo quotidiano inglese il Daily Courant messo in vendita nel 1702.

Samuel Buckley, che ne era il direttore, ha il merito di aver pubblicato, come riferisce Alberto Bergamini ne La democrazia della stampa, un Advertisement, che “viene ritenuto la prima esposizione organica di deontologia professionale della storia del giornalismo”. Poi è entrato in scena Jeremy Bentham con un saggio pubblicato postumo e rimaneggiato da Bowring dal titolo Deontology or science of morality e successivamente i giornalisti della Galizia nel 1896 con la prima Carta dei doveri.

Per quanto ci riguarda è l’ultima parte del Novecento con Informazione e Pubblicità. Il Consiglio nazionale ne ha varate diverse, tanto che ha dovuto selezionarle ed inserirle in un Testo unico. Non è stato tralasciato niente: rifugiati, detenuti, fanciulli, uffici stampa, equo compenso, giornalismo sportivo, economico e via di seguito. Comunque il giornalismo fonda le sue radici su tre verbi: andare, vedere e raccontare e i giornalisti sono gli storici dell’istante, secondo la definizione di Albert Camus, possibilmente terzi, si aggiunge. Il loro padrone, come affermava Indro Montanelli,  è il lettore.

Gli articoli che seguono sono scritti da collaboratori, a vario titolo, della testata. Alcuni, occasionalmente, scrivono ancora. Altri non più.

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Cultura

Arezzo Fiere e Congressi: al via la ricca collezione autunno-inverno di eventi

Paolo Castiglia

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“Fino a fine febbraio 2025 Arezzo Fiere e Congressi osserverà ritmo altissimo, scandito da un calendario fitto di eventi tra tradizione e innovazione”. Lo spiega il presidente di Arezzo Fiere e Congressi, Ferrer Vannetti, che – dopo il grande successo di pubblico registrato con l’edizione autunnale di Passioni in Fiera e quella annuale di Agrietour – guiderà l’Ente Fieristico aretino attraverso la fitta serie di appuntamenti che chiuderà quest’anno 2024 e che darà inizio alla stagione 2025.

In questo novembre tanto spazio per i convegni professionali in ambito sanitario. Nel weekend del 15 e 16 novembre infatti si è svolto il Congresso Nazionale Scivac “Quando la decisione è più importante dell’incisione”, nel quale si è parlato di chirurgia attraverso un punto di vista innovativo, con interventi di numerosi speakers di alto livello. “Dal 26 al 29 novembre si svolgerà invece – spiega Vannetti – il 19esimo Forum Risk Management che si intitola ‘Verso un Nuovo Sistema Sanitario, Equo – Solidale – Sostenibile’, un evento che rappresenta da sempre un momento importante della programmazione fieristica aretina e che ospitiamo ogni anno con estremo piacere e con l’attenzione organizzativa che questo appuntamento merita”.

Organizzato da Gutenberg, promosso da Agenas con il patrocinio della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e con il patrocinio dell’Istituto superiore di sanità e della Regione Toscana, il Forum ha infatti l’obiettivo di scrivere la road map della sanità del futuro con la presenza attiva di ministri e assessori alla sanità di moltissime regioni italiane. Tra novembre e dicembre Arezzo fiere e Congressi ospita poi diversi concorsi indetti da Estar, l’Ente di Supporto tecnico amministrativo regionale. Vannetti interviene poi per promuovere un evento nuovo, lo spazio giovani di dicembre, che vedrà l’evento Smart Future Academy in programma venerdì 6 del mese prossimo. “Per la prima volta – illustra appunto il Presidente – alla Fiera di Arezzo si terrà l’evento rivolto ai giovani, dagli studenti delle scuole medie e superiori fino ai diplomati, laureandi e laureati, ha come obiettivo quello di aiutarli a rispondere alla domanda ‘Cosa Vuoi Fare Da Grande’ che prevede attività cosiddette ispirazionali, con la partecipazione di autorevoli speaker e workshop e attività esperienziali di orientamento per realizzare il matching tra giovani, aziende ed enti di formazione”.

Altro appuntamento fondamentale prima della fine dell’anno, il 5 e 6 dicembre: Arezzo Fiere ospiterà la manifestazione dedicata ai protagonisti dell’oreficeria e gioielleria italiane organizzata da Ieg – Italian Exhibition Group. “Il Summit del Gioiello Italiano – approfondisce Vannetti – per questa quarta edizione amplia il suo format e nella prima giornata si svolgerà il vertice strategico dedicato ai protagonisti dell’oreficeria e della gioielleria italiane con il confronto tra gli stakeholder nazionali e territoriali per esplorare sfide e opportunità del comparto”, mentre nella seconda prenderà il via la parte dedicata all’orientamento e al matching tra giovani, aziende ed enti di formazione organizzato da Smart Future Academy.

Il Calendario 2025 si aprirà poi con la ventisettesima edizione del Salone veicoli da collezione in programma l’11 e 12 gennaio 2025. Nei diversi padiglioni e nelle aree esterne si potranno ammirare ma anche scambiare/acquistare auto e moto storiche, ricambi e accessori. Spazio anche all’editoria specializzata, all’automobilia e al modellismo.

L’1 e 2 Febbraio la Fiera ospiterà invece la prima edizione assoluta dell’Arezzo Mineral Show. Vasta esposizione di minerali da collezione, fossili, pietre lavorate e creazioni di gioielli con pietre naturali. Un’occasione unica per collezionisti, appassionati e curiosi per immergersi nel mondo dei minerali. Tornano poi protagonisti gli studenti con Campus – Salone Dello Studente in programma il 5 e 6 febbraio. Occasione unica per conoscere tutti i percorsi post-diploma esistenti e quelli che stanno per essere attivati, dai corsi di laurea delle università, delle accademie e degli Its agli istituti tecnici superiori post-diploma e professionalizzanti. Si potranno inoltre simulare i test di ammissione delle facoltà a numero chiuso, valutare le proprie soft skill e soprattutto confrontarsi con professionisti, professori e psicologi dell’orientamento per una scelta così importante fatta consapevolmente.

Il 15 e 16 febbraio il ritorno del grande Mercato Delle Pulci che prevede la partecipazione di oltre 600 espositori, tra svuota soffitte e svuota armadi, collezionisti, hobbisti e professionisti vintage, handmade, sbaracco negozi, antiquariato e collezionismo per due giornate all’insegna del riuso con ristoro, con spazio bimbi e relax.Chiude il mese di febbraio l’atteso e collaudato appuntamento con Esotika Pet Show. Il Salone nazionale degli animali esotici e da compagnia in programma il 22 e 23 febbraio con un ricco calendario di eventi, anche didattici, per ogni settore della manifestazione con la consueta mostra scambio animali da compagnia, fattorie didattiche e molto altro ancora.

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Cultura

Ildegarda, esempio storico e attualissimo di donna d’eccezione

Serata culturale di alto livello organizzata dall’Inner Whell con la relazione del prof. Dioni

Paolo Castiglia

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Davvero una serata bella e coinvolgente quella organizzata dall’Inner Wheel Arezzo lo scorso martedì pomeriggio presso il Circolo Artistico di Arezzo, dove una folta e attenta platea di socie e ospiti ha potuto ascoltare una relazione d’eccezione. Dopo il saluto e l’introduzione alla serata da parte della presidente del club service aretino, Laura Agnolucci, è infatti arrivato il momento dell’interessante e approfondita relazione di Gianluca Dioni, professore associato di Filosofia Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Napoli “Federico II”.

Il docente ha approfondito la figura di una donna speciale, che ha ovviamente affascinato moltissimo le socie dell’Inner Wheel Arezzo, vista la loro vocazione alla piena valorizzazione della donna e del suo ruolo sempre più decisivo nella nostra società.Protagonista della serata è stata infatti Ildegarda di Bingen – il nome significa protettrice delle battaglie – di nobile famiglia, che visse in maniera intensa e appieno il XII secolo (1098-1179). Ildegarda fu una sorta di femminista ante litteram poi fatta Santa e rappresenta una figura femminile complessa ed affascinante, soprattutto per la forza del carattere, “che la portò, in contrasto con l’ideale monastico del tempo, ad aprirsi al mondo – come ha spiegato approfonditamente il prof. Dioni – e ad occuparsi di teologia, musica, medicina e scienze naturali”.

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Cultura

Cortale: gemma sui due mari tra il Golfo di S. Eufemia e quello di Squillace

Gloria Gualandi

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Magnifiche nicchie di storica italica bellezza. Cortale è una di queste: è un paese situato nella parte più stretta della Calabria, su una collina che domina vaste pianure e suggestive vallate, con una bellissima vista aperta sui due mari, tra il Golfo di S. Eufemia e quello di Squillace.

Il centro storico, nonostante il terremoto del 1783 e quello del 1905, ancora oggi è testimonianza del passato e l’antica atmosfera può essere assaporata passeggiando tra i vicoletti sovrastati da tunnel in pietra tufacea del posto o risalendo le gradinate che caratterizzano il pittoresco borgo. La storia di Cortale lunga quasi mille anni, ebbe inizio quando alcuni monaci, seguaci di San Basilio, si stanziarono intorno al 1070 nel “declivo del Carrà”, territorio molto fertile e ricco di sorgenti d’acqua e qui fondarono il Monastero dei SS. Anargiri Cosma e Damiano. L’Abbazia dei monaci Basiliani costituì il nucleo dell’origine del paese. Nel corso degli anni Cortale divenne uno dei ‘casali’ del feudo di Maida che dal 1272 al 1331 appartenne alla famiglia dei San Licet e poi a diverse casate. Nel 1795 passò ai Ruffo di San Lucido fino al 1806, anno in cui fu abolita la feudalità dalle leggi napoleoniche. Con l’istituzione dei Comuni Cortale divenne capoluogo del Circondario comprendente Jacurso, Vena e Caraffa.

Cortale è definito il paesino del dialogo dove ci sono ancora persone che parlano e si incontrano nella famosa piazza chiamata le villette: si può definire un raro paesino calabrese dove esiste una pasticceria con dolci speciali un locale di ritrovo del mitico Michele e una serie di viuzze con case stile Amarcord. Ma non tutto è fermo alla storia: dalla provincia di Catanzaro arriva un nuovo Presidio Slow Food: i fagioli di Cortale. Anzi, in un certo senso ne arrivano cinque, perché tanti sono gli ecotipi di questo legume interessati dal progetto. Parlando di fagiolo cortalese, infatti, intendiamo cinque diverse varietà: la reginella bianca, detta “ammalatèddha”, la reginella gialla, la cannellina bianca – o rognonella per la forma simile a un rene – la cocò gialla, nota anche come “limunìdu” e la cocò bianca. Ottima quindi la pasta e fagioli, insieme al peperoncino di Soverato.

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