Interviste
Semplicemente d’Iva
Ha compiuto ottantadue anni, girato il mondo, posato per Playboy, conquistato la tivù, è stata europarlamentare e non teme nessuno, anche se ancora si emoziona.
Reggiana Doc, l’Aquila di Ligonchio è tornata, con quel graffio blues inconfondibile della sua voce, ad abbracciare il suo pubblico. Semplicemente d’Iva. Iva Zanicchi ci regala un’interpretazione elegante e raffinata, che ha declinato nelle tredici tracce di Gargana (per la Luvi Records, distribuito da Believe Digital), un termine del dialetto di Ligonchio, che significa “voce”, l’appellativo che la accompagna da sempre. Oggi, quella bambina dalla voce straordinaria è ancora in lei, rendendone immutato lo sguardo.
Di base la superstizione, il non è vero ma ci credo.
«Sono superstiziosa da morire. Sempre, prima di andare in scena, anche se si tratta della festa di piazza, mi faccio il segno della croce e contemporaneamente devo avere addosso tre chicchi di sale grosso. Come tutti i segni di terra ho paura di volare: mentre salgo sull’aereo, rigorosamente con il piede destro, mi tocco il seno sinistro con la mano destra. È un esercizio che consiglio a tutte le donne.»
In camerino si fa il segno della croce, mette il sale grosso nel reggiseno. C’è ancora l’emozione, quella scarica di adrenalina. Una femme fatale che conquista il pubblico canzone dopo canzone.
«Se in passato volevo conquistare qualcuno, lo invitavo in sala d’incisione e cantavo per lui. Senza dirglielo. Però lui lo capiva perché lo guardavo negli occhi. Quando sei innamorata canti da dio, a me succedeva così.»
Riuscire a trasmettere ciò che si sente è “divino”.
«Quando canti intensamente, con trasporto, trasmetti delle onde energetiche alla gente e, se riesci a captare la loro attenzione, se quelle vibrazioni ti tornano indietro, allora hai conquistato il tuo pubblico.»
L’imperativo per Iva Zanicchi è cantare di quel folle sentimento chiamato amore, dall’alba della volontà fino alla nostalgia del tramonto.
«Ho sempre immaginato l’amore come un ring con due pugili che si affrontano. L’amore è una lotta. Se sei innamorato perso della tua donna, chissà per quale mistero, pur amandoti, lei si allontanerà da te e ti farà soffrire. L’amore è vincente e perdente allo stesso tempo, devi sempre stare all’erta.»
Nella vita, è mossa da profonda riconoscenza.
«La prima persona verso cui nutro profonda riconoscenza è una sarta di Reggio Emilia che, quando ho iniziato a cantare, non navigando io nell’oro, mi confezionò due vestiti e me li regalò aggiungendo: “Sono certa che mi ripagherai, perché con la voce che ti ritrovi avrai successo.”. Ogni volta che lei mi ha vestito per il Festival di Sanremo ho sempre vinto. La seconda persona, sempre di Reggio Emilia, è il mio primo maestro di canto, Leopoldo Bertani, un non vedente che mi ha insegnato molto.»
Per sempre sono quegli incontri che hanno lasciato un segno indelebile.
«Uno su tutti quello con Giuseppe Ungaretti che ho avuto la fortuna di poter frequentare. Abbiamo anche trascorso una settimana insieme alle terme di Salso Maggiore. Per me quell’incontro fu pazzesco! Già avanti negli anni, era come un bambino, puro. Mi raccontava della sua infanzia, dell’amore per la madre, dell’Egitto, della Grande Guerra e che le liriche più belle gli sono venute proprio quand’era in trincea.»
La sua cifra umana e artistica: reggiana Doc con un pizzico di trasgressione.
«Sono sempre stata trasgressiva, sconsideratamente. Addirittura a quarantacinque anni ho osato – e poi me ne sono pentita – posare per Playboy.»
Splendida performer come cinquant’anni fa.
«Forse non è vero, ma tutti quelli che mi sono vicini, dai musicisti ai maestri d’orchestra, dicono che canti meglio oggi di cinquant’anni fa. La voce è diventata più scura, come piace a me, un po’ più sporca. All’epoca facevamo a gara a chi andava più su con le note acute. Riascoltando delle canzoni mi chiedo ancora perché lo facessimo, toccavo dei Mi quasi da soprano. Eravamo un po’ fanatiche. Negli anni Sessanta volevamo dimostrare a tutti i costi di riuscire in qualsiasi tipo di “acrobazia” vocale.»
Dicevano “le donne non vendono”, invece hanno sempre dimostrato il contrario: Un fiume amaro di Theodorakis nel 1970 vendette più di un milione di dischi… Certo erano altri tempi.
«Eravamo forse ingenui ma così desiderosi di fare, di arrivare, di realizzare qualcosa di importante. Oggi invece i nostri giovani, e ci metto dentro i miei nipoti, crescono un po’ viziati; hanno talmente tutto a portata di mano che talvolta smettono anche di sognare.»
C’è poco da consigliare, i giovani non ascoltano.
«A quella povera bambina che nel 1965 era al suo primo Sanremo avrei voluto dire: “Cercati qualcuno che ti possa aiutare, vinci i tuoi complessi, non farti scoraggiare dalle critiche”. Invece, oggi come allora, non riesco a dire di no, devo sempre accontentare un po’ tutti e non è un bene.»
La madre si toglieva il pane per lei, facendo sacrifici come solo le mamme sanno fare. Le cantava le romanze. La figlia Michela ha aperto un’etichetta discografica per seguire il solco del padre Antonio Ansoldi. L’ha chiamata con le iniziali di Luca e Virginia, i suoi figli. Iva Zanicchi, unica donna a vincere tre volte il Festival della canzone italiana, ha avuto dal pubblico dell’Ariston il riconoscimento più bello che un’artista possa desiderare: la standing ovation e quell’applauso che è sembrato non finire, dalla prima all’ultima esibizione, sono una meravigliosa istantanea, un ricordo prezioso da incorniciare. Lì, ci sono racchiusi tutta la gratitudine e l’amore che questa donna straordinaria ha saputo regalare alla nostra musica. Un interminabile istante di pura felicità.
«Credo che nessuno sia mai riuscito a definire esattamente la felicità. L’ho assaporata: sono degli attimi, dei momenti in cui ti soffoca, ti manca il respiro. Dopo realizzi, sei contento di quanto ti è appena accaduto, del risultato raggiunto… ma non è più felicità.»
Davanti allo specchio “una signora che si mantiene bene, che non è ricorsa al lifting ma ha poche rughe”.
«Vorrei solo si dicesse che sono una brava persona e che sono generosa.»
“Nata di luna buona”, il commento con cui fu accolta dal bisnonno Lorenzo al momento della nascita.
«Venivo dopo due femmine e i miei si aspettavano il maschio, invece sono nata io. Mi raccontarono poi che mio padre stette tre giorni senza venirmi a vedere e, una volta elaborata la delusione, disse a mia madre che si sarebbero rifatti con il prossimo figlio. L’unico che mi accolse subito fu il mio bisnonno Lorenzo che, prendendomi in braccio, disse: “È nata di giovedì e di luna buona. Sarà molto fortunata!”.»
Interviste
ASSOLO di ANNA DARI, il suono potente della vita
Spettacolare, impetuosa, delirante. Tutta la potenza rigenerante della solitudine ripiegata in un ASSOLO. La creatività musicale e poetica di Anna Dari trasforma le tenebre in luce e riaccende la vita
Pianista per scelta, compositrice per caso, scrittrice per passione. La sensibile artista astigiana combatte il male oscuro della depressione con l’arma della propria musica e vince. Nel 2020 il primo premio al Concorso internazionale “Salvatore Quasimodo” sezione Musica al prestigioso CET di Mogol e nell’agosto 2021 pubblica Oltre la nebbia. Un progetto discografico nuovo, diverso, metaforico. Con un cambio di rotta e di stile rispetto ai primi dieci anni del suo comporre. L’album (edito da Blue Spiral Records) contiene sette gemme preziose, tra cui la raffinata e struggente ASSOLO che aveva dato il la iniziale.
Realizzato dallo studio ImagesLab di Asti, il video di ASSOLO rappresenta l’ultimo atto di un percorso interiore iniziato con la composizione del brano nell’estate 2017. Erano trascorsi due anni e mezzo di totale silenzio. Un periodo durante il quale Anna Dari aveva deciso di chiudere definitivamente il coperchio del suo pianoforte e della composizione pianistica. Ma il destino ribalta le carte in tavola e la pone in relazione con un’altra anima a lei affine. Travagliata, fragile, in cerca di un appiglio. La colpisce fortemente la storia, per la potente energia che quell’uomo era riuscito a sprigionare dal fondo del pozzo in cui si trovava. Straordinariamente capace di superare la sofferenza fisica dovuta a un grave incidente che aveva compromesso in modo significativo l’uso del piede e quindi della camminata. Ma il sogno, da appassionato runner, di partecipare alla maratona cui tanto anelava, lo spingono ad allenarsi sistematicamente. Senza cedere allo sconforto né alla paura dell’insuccesso o alla facile rinuncia. E così fu. Il trionfo della volontà e della sete di vivere sul dolore psicofisico invasivo. Pur nel profondo di un forte stato depressivo, anche Anna Dari sente la spinta emotiva ad alzarsi dal letto ed avvicinarsi nuovamente alla tastiera. Dopo due anni e mezzo di ferma compositiva, trasforma la storia di quell’uomo in musica. E nasce ASSOLO (disponibile al seguente link:
Il desiderio di realizzare un video del brano si è protratto nel tempo fino ad arrivare ad oggi e alla meravigliosa opportunità dell’aprile 2022. Paride Candelaresi, Assessore alla Cultura del Comune di Asti, insieme al Direttore del Teatro concedono l’autorizzazione ad effettuare le riprese all’interno del prezioso Alfieri.
«Girare le riprese del video “Assolo” all’interno di un meraviglioso teatro d’epoca è stata per me un’esperienza unica e irripetibile.» racconta Anna Dari «Mi trovavo faccia a faccia con quella compositrice che per quindici anni aveva agognato di portare la propria musica nel mondo, sognando i grandi teatri. Suonare nel silenzio dell’Alfieri, nudo, spogliato del pubblico, mi ha emozionato. Un’emozione resa ancor più vivida e potente dal ricordo che proprio in quel luogo speciale aveva avuto inizio la mia carriera. Una carriera – confesso – che avrebbe meritato di più. E ancora ci spero. Così come, attraverso quest’“Assolo”, nutro la speranza di poter lasciare ai miei figli un saluto, una traccia, forse eterna, chissà, di cui possano un giorno sentirsi orgogliosi».
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Interviste
FEELIN’ GOOD, L’ENTUSIASMANTE MOOD STYLE DI MATIL JOPLIN
Una carica di energia vitale, voglia di libertà e quel ritornello che ti fa ritrovare il sorriso. È disponibile su tutte le piattaforme digitali Feelin’ good (Golia Record), il nuovo singolo di Matil Joplin
In linea con la filosofia del think positive, marchio di fabbrica della giovane artista forlivese, è un brano che trasmette buoni sentimenti. Racconta dello stare bene con sé stessi e con gli altri, ed emana un profumo intenso di estate.
Feelin’ good (https://youtu.be/L9WmEw9n1hg) di Matil Joplin (pseudonimo di Matilde Montanari) è una canzone rivolta a tutte le età. Perché il mare, il sole e la sua energia sono elementi che irrompono nel cuore di ognuno portando gioia, felicità, benessere. Un incontenibile contagio di entusiasmo che si evince già dal primo ascolto, dove il mood irresistibile fa venire voglia di cantare e ballare. Un ritmo trascinante su di un testo che inneggia alla solarità e alla vita. Una voce soave e grintosa al tempo stesso, e il gioco è fatto.
«“Feelin’ good” è venuto fuori spontaneamente durate una giornata di metà maggio, in vista dell’estate che stiamo vivendo» dichiara Matilde Montanari. «È un pezzo che ho scritto in inglese perché mi riesce più facile esprimermi in lingua straniera. Come poi è già successo con “Picture of my Summer”, il mio primo inedito composto a soli dodici anni.»
In questo periodo difficile, tra guerra, pandemia e follia generale, l’urgenza di veicolare un messaggio positivo, in grado di trasmettere buoni sentimenti. Qualcosa che ci faccia sentire come in una spiaggia con tanti amici intorno e della buona musica. L’incontro fortuito di Matilde con i ragazzi dello Studio 85 di Rimini e da lì la scintilla compositiva. Paolo Campidelli ha curato la parte dell’arrangiamento, assieme a Lorenzo Vincenzi che ha contribuito con la linea di basso e qualche riff di chitarra. Leo Cavada è intervenuto nella creazione di melodia e topline, per poi lasciare la parte del mixaggio e del mastering a Luca Bandinelli.
«Con queste fantastiche persone ho collaborato per far uscire il mio nuovo singolo.» Feelin’ good, l’entusiasmante mood style di Matil Joplin.
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Interviste
WELCOME TO MY LIFE, IL ROCK RANDAGIO DI ANDREA SELLAROLI
Rock, con una chitarra pesante sotto che ti carica. Rock come modo di essere. Andrea Sellaroli canta Welcome to my life. Mettersi continuamente in gioco. Da un giorno all’altro, decidere di partire, cambiare città, cambiare vita. Randagio, il nostro l’ha fatto. Senza certezze sul futuro, seguendo ancora il suo istinto. Undici anni vissuti nelle colline del Chianti, una passione per il vino e per le donne, una chitarra scordata che continua a suggerirgli nuovi testi. Parte il ritmo della batteria, basso, cassa, rullante e nasce una canzone.
Welcome to my life è il nuovo singolo di Andrea Sellaroli. Schietto, rock, diretto. Racconta di un uomo che non si adegua, non si accontenta, rifiutando la banalità e la monotonia. In pace con sé stesso, capace di amare senza riserve chi gli conquista il cuore. Chi “potrà perdonarlo”, se un giorno sarà partito di nuovo “senza neanche salutare”? Un cantautore schivo, che preferisce esprimersi con i suoi pezzi.
E allora Welcome to my life, ed è già tempo di andare via. Il videoclip del brano, fuori su tutte le piattaforme digitali, è disponibile al seguente link: https://youtu.be/BHfkP25ReD4
Biografia
Dal Nord al Sud, con le partite di sabato. Sì, perché Andrea Sellaroli ha allenato per quasi vent’anni in serie A1 squadre di pallanuoto femminile. Ed eccolo ancora oggi, il sabato, a urlare nelle piscine di tutta Italia. Durante la settimana, corde vocali permettendo, in studio di registrazione. Nato il 10 aprile ‘72, ha suonato le tastiere nei Side One: portavano nei locali di Spezia e dintorni le cover di Zucchero, Liga, Vasco… Autodidatta, Andrea Sellaroli riesce a trovare accordi, scale, melodie, affidandosi esclusivamente all’orecchio. Scrive canzoni da sempre: registra le parti di basso, di batteria, di chitarra, degli archi e naturalmente di tastiera. Girata l’Italia in lungo e in largo, torna a vivere a La Spezia. Contatta nuovamente Max Marcolini (chitarrista, arrangiatore e produttore di Zucchero “Sugar” Fornaciari), con il quale aveva già collaborato in passato. Gli affida il compito di “mettere in bella” le sue idee realizzando un album. Otto brani che il nostro non vede l’ora di farci ascoltare, con il primo singolo estratto dal titolo “Welcome to my life”. Rock, con una chitarra pesante sotto che ti carica. Rock come modo di essere. Mettersi continuamente in gioco. Da un giorno all’altro, decidere di partire, cambiare città, cambiare vita. Andrea Sellaroli l’ha fatto, senza certezze sul futuro, seguendo ancora il suo istinto. E, per fortuna, gli è sempre andata bene.
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