Cultura
“Lo Straniero”, quasi ottant’anni ma non li dimostra
Una lettura del testo di Albert Camus, una delle tante a cui il libro si presta nonostante la sua sinteticità. Un atteggiamento nei confronti della vita, un’opera che, in molti aspetti, sembra scritta per i nostri giorni
L’”Etranger”, nella lingua originaria francese; “The Stranger negli USA; “The Outsider” nel Regno Unito; “Lo Straniero” in Italia. Lingue diverse, ognuna delle quali colora il titolo di sfumature altrettanto diverse. A questi aggiungiamo quello che, alla nostra lettura, appare più calzante: “L’Estraniato”. Ma forse anche “L’Ospite di Passaggio”, come a dire “non mi immischio tanto sono di passaggio; destinato a “non perdurare”, quindi.
Pubblicato nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale, raccoglie ed esprime, in un certo qual modo, l’angoscia e la disillusione di un’intera generazione. Gli stessi aspetti che lo rendono drammaticamente attuale.
“Lo Straniero” non è, infatti, lo specchio del comune sentire di un’epoca storica, ma un intreccio di temi, problemi ed immagini dalla valenza universale. Emerge, tant’è vero, fin dalle prime pagine, immergendosi nella lettura, il dubbio di trovarsi in Algeria, dov’è ambientato, quasi ottant’anni fa, oppure ai giorni nostri, nelle nostre strade, nelle nostre case, nelle nostre città.
Il nucleo centrale del pensiero filosofico di Albert Camus è celato sotto la trama di vicende che vedono protagonista il giovane Meursault, modesto impiegato che vive ad Algeri. Con un tono asciutto e lapidario, senza avvalersi di descrizioni articolate, l’autore delinea il profilo di un personaggio complesso di cui fin dall’inizio colpisce l’incapacità di provare emozioni, l’inflessibilità del suo animo e la sua patologica indifferenza nei confronti del mondo esterno.
L’intreccio non è affatto articolato. Si tratta di una narrazione sintetica, scarna, scandita da diversi capitoli, ciascuno recante un’esperienza diversa del protagonista, nonché narratore del romanzo, in cui centrali non sono le azioni dei personaggi bensì la sua dimensione emotiva, o meglio, “inemotiva”.
Un individuo come tanti altri, un lavoro che gli occupa molto tempo e lo tedia, una casa, una madre in un ospizio. Una vita fatta, e “affetta”, da abitudini che hanno trovato la pace in loro stesse.
“Oggi la mamma è morta. O forse ieri non so”. Così si apre il racconto. In prima persona Meursault racconta il suo viaggio in autobus per ottanta chilometri fino all’ospizio, la veglia notturna, il funerale sotto un caldo torrido, la sepoltura, il rientro.
Una sequenza di eventi “ordinari” incapaci di provocare alcuna deflessione del suo animo. Un’indifferenza emotiva spiazzante. Costernato più dalla fatica di interrompere la propria routine che dal lutto, Meursault al rientro fa un bagno in mare e incontra una ragazza, Marie, con la quale inizia una storia. Una “inemotività” confermata, se non accentuata, nei capitoli che seguono; nella sua passiva accettazione di sposare una donna che non ama o nella mancata esitazione che mostra nell’aiutare il vicino Raymond, noto sfruttatore di donne, a punire la moglie.
“La sera Maria è venuta a prendermi e mi ha chiesto se volevo sposarla. Le ho detto che la cosa mi era indifferente, e che avremmo potuto farlo se lei voleva. Allora ha voluto sapere se l’amavo. Le ho risposto, come già avevo fatto un’altra volta, che ciò non voleva dir nulla, ma che ero certo di non amarla. “Perché sposarmi, allora?” mi ha detto. Le ho spiegato che questo non aveva alcuna importanza e che se lei ci teneva potevamo sposarci. Del resto era lei che me lo aveva chiesto e io non avevo fatto che dirle di sì”.
Tutto è distante, “estraniato”. Quando Raymond si vendica della donna portandola in casa con un inganno per picchiarla, le sue urla e l’arrivo delle forze dell’ordine non turberanno affatto Meursault, che anzi continua con grande indifferenza a frequentare il picchiatore fino a trascorrere una giornata con lui e Marie sulla spiaggia. Qui finisce la prima parte del libro, su una spiaggia assolata dove ucciderà un arabo a colpi di pistola. L’arabo era il cugino della donna malmenata e stava inerme dietro uno scoglio, Meursault, uscito nella canicola con la rivoltella di Raymond in tasca, gli spara ripetutamente in preda al caldo, alla luce del sole, al sudore che lo acceca, non per rabbia o astio o difesa. [E quanti fatti di cronaca dei nostri giorni ci tornano alla mente].
Meursault è in prigione. Ma non è un uomo angosciato o costernato, tantomeno pentito davanti a un commissario disperato da tanta indifferenza per un uomo ammazzato. Nulla sembra toccarlo. Estraneo a se stesso e a tutto quello che lo circonda: le convenzioni, i legami, gli affetti, perfino la morte. Meursault è “straniero” anche rispetto ai sentimenti che ci si aspetterebbe da lui, come il dolore per la morte della madre o il senso di colpa per aver ucciso un uomo.
Quella di Meursault non è una indifferenza, comunque, nella sua accezione più consueta, quanto una indifferenza dovuta alla lucidità di sapere che non ci sono più illusioni, che una vita è uguale all’altra. Tutto ciò fa del protagonista un uomo assolutamente attuale, un piccolo uomo comune che vive il senso dell’assurdo e per il quale tutto è equivalente. Sempre lì, alla finestra, a guardare la vita che passa.
Ho pensato spesso, allora, che se avessi dovuto vivere dentro un tronco d’albero morto, senz’altra occupazione che guardare il fiore del cielo sopra il mio capo, a poco a poco mi sarei abituato. “Avrei atteso passaggi di uccelli o incontri di nubi […]. Del resto era un’idea della mamma, e lei lo ripeteva sempre, che si finisce per abituarsi a tutto”.
Tuttavia non bisogna cadere nell’errore di ridurre un personaggio così complesso a un semplice uomo apatico dai problemi familiari irrisolti, inibito della capacità di distinguere il bene dal
male, quasi a dedurne una deformazione caricaturale ad opera dell’autore.
Il racconto, volutamente sintetico e privo di una vera e propria trama, non va inteso come la semplice storia di un uomo.
La sopportazione apatica della vita, il trascinarsi avanti nei giorni, che si ripetono, ognuno uguale all’altro, non rappresentano una condizione esistenziale in cui versa il solo Meursault. Quello che avverte e di cui è ben consapevole il protagonista è comune a molti, e sempre di più, anche oggi. È la noia che anima la vita, che talvolta ci illudiamo di fuggire. È l’insensatezza della stessa esistenza. La differenza, nell’ottica del racconto, è che Meursault, diversamente da molti, non si inganna, ma guarda il mondo con lucido distacco, tenendo a mente che l’investimento di emozioni o l’impiego eccessivo di forze nulla giovano all’esistenza umana. È inutile, quindi, istituire un codice di valori, essendo giunti all’amara consapevolezza del non-senso della vita. Così come non serve perseguire un qualsivoglia obiettivo se questo non salva dalla vanità del mondo.
Ed ecco che assistiamo ad un vero e proprio sovvertimento dei ruoli. Quello che ci appariva come un personaggio di cui recriminare i comportamenti, al termine della lettura appare dotato di una sorta di veggenza e pare salvarsi dalla miopia della massa la quale è priva della sua consapevolezza.
Con questo atteggiamento assiste al suo processo, non intervenendo mai direttamente, nonostante sia in gioco la sua stessa vita. Un atteggiamento di osservazione che si contrappone a quello di critica della “normale” società.
Nella società ritratta da Camus, Meursault sembra l’unica persona ad aver acquisito questa consapevolezza, a saper accettare i vari avvenimenti nella loro “verità effettuale”, senza chiedersi
perché ha ucciso l’Arabo o non ha pianto al funerale della madre, ma prendendo semplicemente atto che ha fatto ciò.
L’assurdo è che Meursualt è condannato semplicemente perché si rifiuta di mentire, in quanto con una piccola menzogna si sarebbe sicuramente salvato.
A pesare sul piatto della bilancia della Giustizia non è tanto, o solo, l’omicidio commesso, quanto il non aver pianto al funerale della madre. È per questo che viene giudicato e condannato a morte.
Ancora un aspetto spaventosamente contemporaneo de “Lo Straniero” di Camus, è il non guardare alla “Storia” ma nemmeno alla propria storia. È l’accettazione di un eterno presente in grado di preservarci e di garantirci un torpore abitudinale. Meursault parla anche dell’uomo di oggi, del non voler vedere a chi si è figli e di quale vicenda per non avere pensieri, per non varcare quella soglia delle preoccupazioni umane che potrebbe portare a chiedersi qualcosa.
Il testo non ci pone domande e non ci dà risposte, ma ci mette dinanzi a un bivio: attori o spettatori; vivere o lasciarsi vivere. E se attori: attori/autori convinti o commedianti; crederci o far finta di crederci.
Meursault ci mette di fronte a una scelta spietata, davanti a rapide insidiose: tuffarsi, nell’illusione, speranza o convinzione di raggiungere il mare; o lasciare che tutto scorra in attesa di una fine che, fondamentalmente, è già scritta o, peggio ancora, è assolutamente aleatoria.
Forse è per questo che qualcuno consiglia la lettura di questo libro fino ai vent’anni perché dopo quell’età, probabilmente, la scelta è già fatta.
Nel 1957 Albert Camus vince il Nobel perché “La sua opera mette in luce i problemi presenti ai giorni nostri alla coscienza degli uomini”.
Giorni nostri di allora che si riflettono nei giorni nostri di oggi.
Cultura
Arezzo Fiere e Congressi: al via la ricca collezione autunno-inverno di eventi
“Fino a fine febbraio 2025 Arezzo Fiere e Congressi osserverà ritmo altissimo, scandito da un calendario fitto di eventi tra tradizione e innovazione”. Lo spiega il presidente di Arezzo Fiere e Congressi, Ferrer Vannetti, che – dopo il grande successo di pubblico registrato con l’edizione autunnale di Passioni in Fiera e quella annuale di Agrietour – guiderà l’Ente Fieristico aretino attraverso la fitta serie di appuntamenti che chiuderà quest’anno 2024 e che darà inizio alla stagione 2025.
In questo novembre tanto spazio per i convegni professionali in ambito sanitario. Nel weekend del 15 e 16 novembre infatti si è svolto il Congresso Nazionale Scivac “Quando la decisione è più importante dell’incisione”, nel quale si è parlato di chirurgia attraverso un punto di vista innovativo, con interventi di numerosi speakers di alto livello. “Dal 26 al 29 novembre si svolgerà invece – spiega Vannetti – il 19esimo Forum Risk Management che si intitola ‘Verso un Nuovo Sistema Sanitario, Equo – Solidale – Sostenibile’, un evento che rappresenta da sempre un momento importante della programmazione fieristica aretina e che ospitiamo ogni anno con estremo piacere e con l’attenzione organizzativa che questo appuntamento merita”.
Organizzato da Gutenberg, promosso da Agenas con il patrocinio della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e con il patrocinio dell’Istituto superiore di sanità e della Regione Toscana, il Forum ha infatti l’obiettivo di scrivere la road map della sanità del futuro con la presenza attiva di ministri e assessori alla sanità di moltissime regioni italiane. Tra novembre e dicembre Arezzo fiere e Congressi ospita poi diversi concorsi indetti da Estar, l’Ente di Supporto tecnico amministrativo regionale. Vannetti interviene poi per promuovere un evento nuovo, lo spazio giovani di dicembre, che vedrà l’evento Smart Future Academy in programma venerdì 6 del mese prossimo. “Per la prima volta – illustra appunto il Presidente – alla Fiera di Arezzo si terrà l’evento rivolto ai giovani, dagli studenti delle scuole medie e superiori fino ai diplomati, laureandi e laureati, ha come obiettivo quello di aiutarli a rispondere alla domanda ‘Cosa Vuoi Fare Da Grande’ che prevede attività cosiddette ispirazionali, con la partecipazione di autorevoli speaker e workshop e attività esperienziali di orientamento per realizzare il matching tra giovani, aziende ed enti di formazione”.
Altro appuntamento fondamentale prima della fine dell’anno, il 5 e 6 dicembre: Arezzo Fiere ospiterà la manifestazione dedicata ai protagonisti dell’oreficeria e gioielleria italiane organizzata da Ieg – Italian Exhibition Group. “Il Summit del Gioiello Italiano – approfondisce Vannetti – per questa quarta edizione amplia il suo format e nella prima giornata si svolgerà il vertice strategico dedicato ai protagonisti dell’oreficeria e della gioielleria italiane con il confronto tra gli stakeholder nazionali e territoriali per esplorare sfide e opportunità del comparto”, mentre nella seconda prenderà il via la parte dedicata all’orientamento e al matching tra giovani, aziende ed enti di formazione organizzato da Smart Future Academy.
Il Calendario 2025 si aprirà poi con la ventisettesima edizione del Salone veicoli da collezione in programma l’11 e 12 gennaio 2025. Nei diversi padiglioni e nelle aree esterne si potranno ammirare ma anche scambiare/acquistare auto e moto storiche, ricambi e accessori. Spazio anche all’editoria specializzata, all’automobilia e al modellismo.
L’1 e 2 Febbraio la Fiera ospiterà invece la prima edizione assoluta dell’Arezzo Mineral Show. Vasta esposizione di minerali da collezione, fossili, pietre lavorate e creazioni di gioielli con pietre naturali. Un’occasione unica per collezionisti, appassionati e curiosi per immergersi nel mondo dei minerali. Tornano poi protagonisti gli studenti con Campus – Salone Dello Studente in programma il 5 e 6 febbraio. Occasione unica per conoscere tutti i percorsi post-diploma esistenti e quelli che stanno per essere attivati, dai corsi di laurea delle università, delle accademie e degli Its agli istituti tecnici superiori post-diploma e professionalizzanti. Si potranno inoltre simulare i test di ammissione delle facoltà a numero chiuso, valutare le proprie soft skill e soprattutto confrontarsi con professionisti, professori e psicologi dell’orientamento per una scelta così importante fatta consapevolmente.
Il 15 e 16 febbraio il ritorno del grande Mercato Delle Pulci che prevede la partecipazione di oltre 600 espositori, tra svuota soffitte e svuota armadi, collezionisti, hobbisti e professionisti vintage, handmade, sbaracco negozi, antiquariato e collezionismo per due giornate all’insegna del riuso con ristoro, con spazio bimbi e relax.Chiude il mese di febbraio l’atteso e collaudato appuntamento con Esotika Pet Show. Il Salone nazionale degli animali esotici e da compagnia in programma il 22 e 23 febbraio con un ricco calendario di eventi, anche didattici, per ogni settore della manifestazione con la consueta mostra scambio animali da compagnia, fattorie didattiche e molto altro ancora.
Cultura
Ildegarda, esempio storico e attualissimo di donna d’eccezione
Serata culturale di alto livello organizzata dall’Inner Whell con la relazione del prof. Dioni
Davvero una serata bella e coinvolgente quella organizzata dall’Inner Wheel Arezzo lo scorso martedì pomeriggio presso il Circolo Artistico di Arezzo, dove una folta e attenta platea di socie e ospiti ha potuto ascoltare una relazione d’eccezione. Dopo il saluto e l’introduzione alla serata da parte della presidente del club service aretino, Laura Agnolucci, è infatti arrivato il momento dell’interessante e approfondita relazione di Gianluca Dioni, professore associato di Filosofia Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Napoli “Federico II”.
Il docente ha approfondito la figura di una donna speciale, che ha ovviamente affascinato moltissimo le socie dell’Inner Wheel Arezzo, vista la loro vocazione alla piena valorizzazione della donna e del suo ruolo sempre più decisivo nella nostra società.Protagonista della serata è stata infatti Ildegarda di Bingen – il nome significa protettrice delle battaglie – di nobile famiglia, che visse in maniera intensa e appieno il XII secolo (1098-1179). Ildegarda fu una sorta di femminista ante litteram poi fatta Santa e rappresenta una figura femminile complessa ed affascinante, soprattutto per la forza del carattere, “che la portò, in contrasto con l’ideale monastico del tempo, ad aprirsi al mondo – come ha spiegato approfonditamente il prof. Dioni – e ad occuparsi di teologia, musica, medicina e scienze naturali”.
Cultura
Cortale: gemma sui due mari tra il Golfo di S. Eufemia e quello di Squillace
Magnifiche nicchie di storica italica bellezza. Cortale è una di queste: è un paese situato nella parte più stretta della Calabria, su una collina che domina vaste pianure e suggestive vallate, con una bellissima vista aperta sui due mari, tra il Golfo di S. Eufemia e quello di Squillace.
Il centro storico, nonostante il terremoto del 1783 e quello del 1905, ancora oggi è testimonianza del passato e l’antica atmosfera può essere assaporata passeggiando tra i vicoletti sovrastati da tunnel in pietra tufacea del posto o risalendo le gradinate che caratterizzano il pittoresco borgo. La storia di Cortale lunga quasi mille anni, ebbe inizio quando alcuni monaci, seguaci di San Basilio, si stanziarono intorno al 1070 nel “declivo del Carrà”, territorio molto fertile e ricco di sorgenti d’acqua e qui fondarono il Monastero dei SS. Anargiri Cosma e Damiano. L’Abbazia dei monaci Basiliani costituì il nucleo dell’origine del paese. Nel corso degli anni Cortale divenne uno dei ‘casali’ del feudo di Maida che dal 1272 al 1331 appartenne alla famiglia dei San Licet e poi a diverse casate. Nel 1795 passò ai Ruffo di San Lucido fino al 1806, anno in cui fu abolita la feudalità dalle leggi napoleoniche. Con l’istituzione dei Comuni Cortale divenne capoluogo del Circondario comprendente Jacurso, Vena e Caraffa.
Cortale è definito il paesino del dialogo dove ci sono ancora persone che parlano e si incontrano nella famosa piazza chiamata le villette: si può definire un raro paesino calabrese dove esiste una pasticceria con dolci speciali un locale di ritrovo del mitico Michele e una serie di viuzze con case stile Amarcord. Ma non tutto è fermo alla storia: dalla provincia di Catanzaro arriva un nuovo Presidio Slow Food: i fagioli di Cortale. Anzi, in un certo senso ne arrivano cinque, perché tanti sono gli ecotipi di questo legume interessati dal progetto. Parlando di fagiolo cortalese, infatti, intendiamo cinque diverse varietà: la reginella bianca, detta “ammalatèddha”, la reginella gialla, la cannellina bianca – o rognonella per la forma simile a un rene – la cocò gialla, nota anche come “limunìdu” e la cocò bianca. Ottima quindi la pasta e fagioli, insieme al peperoncino di Soverato.
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