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Economia

Lavoro e giovani, la risposta nella Gig Economy?

Chiara Colangelo

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In Italia si contano circa 700mila addetti. Per i lavoratori non ci sono né garanzie né tutele. Intanto sul nostro Pese pesano l’elevata disoccupazione giovanile, il basso livello dei salari e la fuga di giovani e giovanissimi all’estero

Mentre sembrano peggiorare la qualità del lavoro e le disuguaglianze salariali in quasi tutti i Paesi industrializzati, l’Italia si conferma terz’ultima in Europa per il tasso di disoccupazione…

In Italia si contano circa 700mila addetti. Per i lavoratori non ci sono né garanzie né tutele. Intanto sul nostro Pese pesano l’elevata disoccupazione giovanile, il basso livello dei salari e la fuga di giovani e giovanissimi all’estero

Mentre sembrano peggiorare la qualità del lavoro e le disuguaglianze salariali in quasi tutti i Paesi industrializzati, l’Italia si conferma terz’ultima in Europa per il tasso di disoccupazione. A pagare il prezzo più alto sono i giovani e i giovanissimi che non riescono a trovare lavoro facilmente, nonostante la laurea o la specializzazione. Il lieve aumento degli occupati a gennaio 2019, diffuso dall’Istituto Nazionale di Statistica, non risolleva di certo le sorti del nostro Paese. Migliaia di italiani, infatti, in base all’ultimo rapporto pubblicato dall’Istat sulla situazione del Paese, scelgono di emigrare nel Regno Unito, in Germania, in Svizzera e in Francia per non fare più ritorno. Le cause di questa “emorragia”, aggravatasi dopo la crisi economica del 2008, sono un mercato del lavoro sempre più asfittico, che non lascia spazio neppure ai lavoratori meno qualificati e, si legge nel dossier, la «volontà di seguire le proprie ambizioni». Un segnale quest’ultimo dell’incapacità dell’Italia di trattenere «competenze e professionalità».

Ultimo nell’Eurozona anche per il livello dei salari, il nostro Paese sta assistendo all’emergere di un esercito di lavoratori occasionali o a termine a discapito di quelli permanenti. Una parte di questi si affida alle grandi piattaforme della “gig economy”, spesso rappresentata come la nuova frontiera del lavoro, che puntando sulla flessibilità, non offre né garanzie né tutele ai lavoratori.

Figlia dello straordinario sviluppo delle tecnologie digitali – iniziato dieci anni fa nella Silicon Valley – la “gig economy” è stata inaugurata per la prima volta da Uber. Oggi si presenta come un sistema in grado di rivoluzionare il mercato del lavoro per le prossime generazioni, capace di ridurre (fino di fatto ad azzerare) la distanza tra la domanda e l’offerta e che fa dei lavoratori dei veri e propri “imprenditori di se stessi”. Attraverso l’uso d’Internet e delle piattaforme digitali, l’economia dei “lavoretti” in pochi anni è riuscita a dare vita a una “rete”, in cui le grandi società, come Airbnb, Amazon, Foodora, JustEat, Uber solo per citarne alcune, abbattono le barriere all’ingresso del mercato del lavoro e fagocitano gran parte dei profitti.

Nel fotografare questo fenomeno, che sta danneggiando anche il mondo dell’informazione, Evgeny Morozov sociologo e giornalista bielorusso, scrive: «come dei parassiti, (le piattaforme) si nutrono delle relazioni sociali ed economiche esistenti senza produrre nulla».

Dando un’occhiata ad alcuni dati s’intuisce che la “gig economy” è in piena fase espansiva. In pochi anni solo negli Stati Uniti si calcolano circa 12 milioni di addetti, mentre in Europa il primato va alla Gran Bretagna con oltre un milione di persone. In Italia, grazie a un primo censimento realizzato dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti, al momento si contano 700mila gig workers”. Stime però che, secondo Paolo Griseri di La Repubblica Torino, rappresentano solo una «istantanea». Nel nostro Paese, infatti, la metà dei “gig workers” lavora per una o quattro ore a settimana, il 20% tra le cinque e le nove ore, mentre solo per 150mila italiani si tratta dell’unico impiego, con un guadagno mensile irrisorio che non raggiunge mai i mille euro. «L’idea dei “lavoretti” – dice Griseri – non rappresenta una novità. Internet è la vera rivoluzione».

All’interno della “gig economy” oggi è sempre più difficile distinguere chi è l’imprenditore e chi il lavoratore e in assenza di regole e di controlli, i “gig workers” non fanno altro che allungare le fila dei tanti precari già presenti in Italia. Un effetto collaterale che in Inghilterra ha portato i giudici londinesi a riconoscere i conducenti di Uber non più dei meri “imprenditori di se stessi”, ma dei lavoratori a tutti gli effetti, a cui spettano il diritto alla malattia, alle ferie, ai contributi, alla pensione, alla sicurezza e a una equa retribuzione.  

Nonostante la “gig economy” consenta di «portare facilmente una prestazione lavorativa sul mercato, alla lunga non è economica – avverte Griseri – perché crea delle distorsioni, che danneggiano le attività che assumono in modo regolare le persone, generando una forma di concorrenza sleale».

Così per il futuro l’economia dei “lavoretti” si presenta più come una sfida per i Paesi, che un’opportunità o una svolta. Tanto che in Italia la Corte d’Appello di Torino, ribaltando la sentenza di primo grado, ha parzialmente accolto le richieste di cinque ex rider di Foodora, inquadrandoli come lavoratori.

Trattandosi di un sistema “liquido” che, in assenza di interventi legislativi, oggi preferisce non riconoscere diritti, la “gig economy” non è attrattiva per i lavoratori qualificati. Per tutti gli altri invece sembra profilarsi il serio rischio di una nuova forma di sfruttamento. E in Italia, alle attuali condizioni, la “gig economy” non offre una risposta adeguata al problema della disoccupazione, soprattutto quella giovanile. Anche perché lo scenario prospettato da Griseri non esclude la possibilità che, nel giro di pochi anni, questi “lavoretti” facilmente sostituibili, possano essere svolti da robot e non più da persone in carne e ossa. Uno scenario futuro che potrebbe presto incidere seriamente sul mondo del lavoro.

È laureata magistrale in Giurisprudenza alla “Sapienza” di Roma e giornalista praticante. Un motto: «il dovere di ogni giornalista è scrivere quello che vede» di Anna Politkovskaja

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Economia

Greenthesis: “Stimolare l’innovazione circolare coinvolgendo Startup e PMI”

Il Gruppo, insieme a Circular Economy Lab, lancia “Call4Circular – Innovation for Environmental Services”, progetto di open innovation per i servizi ambientali

Paolo Castiglia

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Greenthesis S.p.A. comunica che è giunto alla fase finale il progetto di circular open innovation denominato “Call4Circular – Innovation for Environmental Services”, volto a scoprire e sostenere soluzioni innovative dedicate ad accrescere la sostenibilità nei servizi ambientali.

Tale progetto, sviluppato in partnership con il Circular Economy Lab – iniziativa congiunta di Cariplo Factory e del Centro per l’innovazione di Intesa Sanpaolo – è nato con l’obiettivo di stimolare l’ecosistema dell’innovazione circolare tramite il coinvolgimento diretto di imprenditori, startup e PMI, italiane e internazionali, a cui è stato chiesto di proporre idee e soluzioni tecnologiche all’avanguardia capaci, da un lato, di abilitare nuovi approcci e sinergie nei servizi ambientali, dall’altro, di accelerare la transizione verso modelli di business sempre più sostenibili.

Con ben 111 candidature provenienti da vari Paesi, “Call4Circular” ha attratto progetti all’interno di quattro macro- aree chiave preliminarmente identificate da Greenthesis:

1. Material Recovery: soluzioni per il recupero di materiali critici, quali, ad esempio, plastiche difficili da riciclare e biomasse;

2. Water: innovazioni per la gestione delle risorse idriche e il trattamento degli inquinanti;

3. Energy & Environment: iniziative per la produzione di energia pulita e la riduzione dell’impatto ambientale;

4. AI & Digital: tecnologie di intelligenza artificiale e digitalizzazione per ottimizzare le risorse e migliorare l’efficienza dei processi operativi.

Nella fase di scouting e valutazione sono state analizzate tutte le candidature ricevute al fine di poter individuare le idee e le soluzioni di maggior interesse. Il più ristretto numero di realtà così selezionate a valle di questo primo approfondito screening è stato quindi invitato al Selection Day tenutosi lo scorso 28 ottobre, un evento nel corso del quale tali startup e PMI hanno potuto illustrare e dettagliare ulteriormente le rispettive proposte di possibili sinergie tecnologiche, commerciali e imprenditoriali potenzialmente sviluppabili con il Gruppo Greenthesis.

Simona Grossi, CEO di Greenthesis S.p.A., ha dichiarato: “Greenthesis è da anni proiettata verso l’innovazione tecnologica con un business model fondato sui principi della sostenibilità. La Call4Circular rappresenta per noi un’importante occasione per identificare e sostenere soluzioni all’avanguardia che possano ridurre i rischi e valorizzare le opportunità offerte dalle sfide ambientali, sociali e di mercato, in una logica di crescita responsabile e duratura”.

Vincenzo Cimini, Direttore Generale e CFO del Gruppo Greenthesis, ha aggiunto: “Greenthesis declina le proprie decisioni di sviluppo su tre dimensioni fondamentali: economica, sociale e ambientale, il tutto con l’obiettivo di creare valore condiviso per i nostri stakeholder. Progetti come Call4Circular, teso a scovare i nuovi talenti della Green Economy, non solo rafforzano il nostro know-how tecnologico, ma ci aiutano a consolidare la nostra posizione di leader nella gestione sostenibile dei rifiuti e nella transizione verso l’economia circolare”.

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Economia

A rischio la Farmacia dei servizi in Toscana

Federfarma Arezzo – Grosseto – Siena: L’inerzia della Regione Toscana mette fortemente a rischio la sua realizzazione

Paolo Castiglia

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La piena attuazione della Farmacia dei Servizi nella Regione Toscana è fortemente a rischio. Il cronoprogramma sulla sperimentazione dei servizi, stilato e deliberato dalla Regione, non è infatti sufficiente a garantire la reale applicazione operativa delle Farmacie. A lanciare l’allarme le Associazioni dei titolari di Farmacia Privata delle Province di Arezzo, Grosseto e Siena, rispettivamente con i Presidenti Roberto Giotti, Alfredo Discepoli e Maria Elena Franceschini.

“Una sterile e insufficiente proposta autoreferenziale della Regione – spiegano i presidenti Federfarma – e una sorta di ‘contentino’ per le Farmacie, che cerca nei suoi limiti amministrativi di recuperare credibilità e tempi sull’intera tralasciata questione della sperimentazione dei servizi”.I farmacisti del territorio della Regione Toscana hanno ribadito più volte, sia nelle sedi istituzionali che nei dibattiti congressuali, “la necessità di un rapido via libera alla sperimentazione e convenzionamento della farmacia dei servizi, consci dell’importanza che riveste nel rapporto tra Cittadini e Sanità. L’elaborato presentato della Regione dimostra invece la mancanza di comprensione di questa importanza”. “Con la loro rete capillare – spiegano – le Farmacie rappresentano l’avamposto indispensabile ed insostituibile del Sistema Sanitario, dove si può costruire la fiducia tra Cittadino e Sanità. Non solo luogo di dispensazione dei farmaci ma luogo prossimale anche di dispensazione di servizi. Un centro utile non solo al cittadino in termini di risparmi sociali di tempo e denaro ma anche per l’intero SSN. Dispensare in modo agevole e prossimale nelle Farmacie prestazioni analitiche di prima istanza e servizi di Telemedicina (Holter pressorio, Holter cardiaco, ECG, Spirometria), e servizi di monitoraggio di aderenza alla terapia farmacologica per pazienti cronici di ipertensione, diabete e BPCO in coerenza con le indicazioni ministeriali, così come la somministrazione di vaccini, tamponi e screening, già in atto, permetterebbe infatti anche di ridurre il disagio delle liste di attesa dell’Assistenza Sanitaria e un sicuro risparmio da parte del SSR come già sta avvenendo da qualche tempo in altre Regioni dove sono stati già strutturati e convenzionati tali Servizi (ad esempio: Lombardia – Piemonte – Liguria – Marche – Calabria – Puglia – Campania)”.

La Regione Toscana si era impegnata già da tempo, più volte, con dichiarazioni del Presidente Giani, a dare pieno sostegno, in tempi brevi e certi, alla realizzazione della Farmacia dei Servizi, tenendo conto anche della disponibilità finanziaria, ma l’attuale cronoprogramma presentato e deliberato a settembre non può che far presagire che gli impegni presi verranno disattesi. Il cronoprogramma è inoltre del tutto in contrasto con il D.L. 23 maggio 2022 n°77, che individua, nell’ambito degli obiettivi del PNRR, i modelli e gli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel SSN, che vedeva proprio nelle Farmacie convenzionate con il SSN presidi sanitari di prossimità ed elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale.

Sono diversi gli ostacoli posti alla sperimentazione della Farmacia dei Servizi in Toscana, da quelli politici a quelli burocratici, organizzativi e informatici, come il mancato avvio delle procedure necessarie, nonché quelli riguardanti le normative restrittive in particolare sulle criticità presentate dalla legislazione sulla privacy, risolti in altre Regioni, passando per l’inadeguatezza dei servizi proposti perché le attuali delibere regionali non coprono tutti i servizi previsti dalla normativa Nazionale, come detto, la Telemedicina e le presa in carico dei pazienti con malattie croniche e Fascicolo Sanitario Elettronico.

“È veramente poca cosa il deliberato – spiegano ancora – anche perché non si capisce in cosa consista praticamente e professionalmente per il farmacista l’ipotetico servizio “progetto per favorire la corretta adesione alle terapie farmacologiche per pazienti affetti da diabete (di tipo 1 e 2) e per i pazienti affetti da asma” al posto dei “servizi cognitivi obbligatori di monitoraggio di aderenza alla terapia farmacologica di ipertensione, diabete, BPCO e riconciliazione/ricognizione di tale terapia farmacologica in coerenza con le indicazioni ministeriali” da inserire obbligatoriamente nei cronoprogrammi regionali. Un “surrogato insufficiente” di quello che dovrebbe essere la realizzazione mediante specifico relativo Accordo Regionale di un servizio cognitivo della prevista “effettiva e reale presa in carico di tali pazienti” secondo schemi concordati ben precisi ed il supporto essenziale di sistemi informatici tipo “Dottorfarma-Federfarma” e di un sistema informatico regionale specifico dedicato e collaudato per la corretta gestione dei relativi dati, anche con la effettiva collaborazione e collegamento con i MMG, nonché per tutte le fasi di attuazione del Progetto di formazione alle Farmacie, arruolamento dei pazienti, registrazione informatica dati pazienti e relativi dati terapeutici. “Solo con un buono e fattivo Accordo Sindacale – si augurano in conclusione i Presidenti – si potrebbe sufficientemente e possibilmente correggere, in tempi ormai strettissimi, la sperimentazione dei servizi attivati nel suo complesso realmente e positivamente da quasi tutte le altre Regioni, la cui conclusione è fra l’altro attualmente prevista per il 31/12/2024, termine perentorio entro il quale dovranno essere spesi obbligatoriamente i finanziamenti ministeriali già assegnati per la sperimentazione dei Servizi alla Regione Toscana”, risorse che possono essere impiegate solo ed esclusivamente per le attività sperimentali descritte nelle linee guida adattate dalla Conferenza Stato-Regioni del 2019, cosiddetto ‘Vincolo assoluto di destinazione’.

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Attualità

Tema Vita, mutua di Banca Tema: torna la campagna salute per consentire a tutti l’accesso alla cura

Redazione Foritalynews

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A quattro anni dal lancio della prima campagna salute di Tema Vita, la mutua di cui Banca Tema è socio sostenitore, non solo conferma l’iniziativa anche per il 2024, ma la amplia per rendere sempre più semplice a tutti coloro che ne abbiano bisogno, l’accesso alle cure. Esami di laboratorio, diagnostica, visite specialistiche, cure fisioterapiche e da quest’anno anche certificazioni per sport o altro, allargando inoltre il plafond cui possono accedere i figli minorenni dei soci. La campagna prevede rimborsi variabili tra il 40 e il 50% dell’importo.

Un quadro chiaro della situazione della sanità pubblica italiana emerge dall’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, diffuso nei giorni scorsi, poco prima del G7 della sanità. Dal rapporto risulta che la spesa degli Italiani per sanità privata è aumentata del 10% nell’ultimo anno e che la spesa sanitaria italiana è molto più bassa dal 2012 al 2023 rispetto alla media Ue. La possibilità di fare prevenzione o controlli è, dunque, fondamentale.“In un simile scenario – sottolinea il presidente di Tema Vita Massimo Barbini – il rischio è che si creino disparità sociali nelle possibilità di accesso alla cura e alla prevenzione perché non tutti possono permettersi di pagare di tasca propria, tanto che dal rapporto Gimbe emerge che 4,5 milioni di persone in Italia, di fatto rinuncia alle cure. Con la nostra campagna intendiamo intervenire proprio per evitare sempre più che questo accada, anzi vogliamo semplificare l’accesso alle cure ed è per questo che abbiamo deciso che tutti devono poter accedere ai nostri sconti e rimborsi e chi non è ancora socio può diventarlo contestualmente, ad un costo veramente contenuto. Inoltre è possibile usufruire della prestazione medica sia in centri convenzionati che non, sia pubblici che privati.”

Nel dettaglio, la campagna che ha preso il via il 14 ottobre e sarà valida fino al 16 dicembre 2024, prevede che i soci che aderiranno, potranno usufruire di uno sconto variabile tra il 40 e il 50%: sarà del 40% se la domanda verrà presentata su modello cartaceo; lo sconto sarà invece del 50% se la domanda verrà presentata tramite l’accesso all’area riservata ai soci sul sito web www.temavita.it o sull’App TEMA Vita e tramite il canale BCC Mutuality Service. Nel caso poi di utilizzo di strutture o medici specialisti convenzionati, il risparmio per il Socio può arrivare fino al 60% grazie allo sconto praticato direttamente dalla struttura convenzionata.

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